Nella giornata di ieri, 14 maggio, è stato firmato il decreto recante le linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste in materia di prezzi di trasferimento (articolo 110, comma 7, Tuir), il quale dà attuazione alle modifiche apportate dall’articolo 59, comma 1, D.L. 50/2017, convertito dalla L. 96/2017.
Si ricorda, a tal proposito, che con quest’ultimo intervento normativo è stato stabilito che le operazioni transfrontaliere tra imprese associate devono essere valorizzate in base al principio di libera concorrenza ed è quindi stato affidato ad un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di determinare, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione di tale principio.
Il decreto, che è ora in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, nel dettare, quindi, le richieste linee guida, fornisce, per la prima volta, una definizione di “controllo societario”.
Le disposizioni di legge, infatti, non prevedono, ad oggi, una definizione di “controllo societario” sebbene l’articolo 110, comma7, Tuir stabilisca che “i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito”.
Punto di riferimento, nel corso degli anni, è stata quindi la circolare del Ministero delle Finanze 32/1980, che, sebbene risalente, è stata condivisa dalla giurisprudenza prevalente.
Invero, la circolare in oggetto, più che fornire una precisa definizione di controllo si è limitata ad estendere il concetto di “controllo” a tutte le ipotesi di “influenza economica potenziale o attuale desumibile dalle singole circostanze, quali, in particolare:
1. vendita esclusiva di prodotti fabbricati dall’altra impresa;
2. impossibilità di funzionamento dell’impresa senza il capitale, i prodotti e la cooperazione tecnica dell’altra impresa (fattispecie comprensiva delle joint ventures);
3. diritto di nomina dei membri del consiglio di amministrazione o degli organi direttivi della società;
4. membri comuni del consiglio di amministrazione;
5. relazioni di famiglia tra le parti;
6. concessione di ingenti crediti o prevalente dipendenza finanziaria;
7. partecipazione da parte delle imprese a centrali di approvvigionamento o vendita;
8. partecipazione delle imprese a cartelli o consorzi, in particolare se finalizzati alla fissazione di prezzi;
9. controllo di approvvigionamento o di sbocchi;
10. serie di contratti che modellino una situazione monopolistica;
11. in generale tutte le ipotesi in cui venga esercitata potenzialmente o attualmente un’influenza sulle decisioni imprenditoriali”.
Anche se, come precisato dalla medesima circolare, l’esistenza di uno dei richiamati elementi di fatto non è mai stata ritenuta idonea, da sola, a dimostrare l’esistenza del controllo societario, pare evidente che l’ambito di applicazione dell’articolo 110, comma 7, Tuir sia stato decisamente ampliato ad opera di un mero chiarimento di prassi.
Purtuttavia non sono mancate sentenze di segno opposto, che, ignorando i chiarimenti di prassi, hanno attribuito rilevanza esclusivamente alle definizioni di cui all’articolo 2359 cod. civ., contribuendo, di fatto, a generare ancora più confusione tra gli operatori.
Ecco allora che, ad esempio, con la sentenza CTR Lombardia n. 316 del 09.07.2015 il concetto di “controllo” ai fini della disciplina in esame è stato fatto coincidere con la nozione codicistica di controllo, sicché, ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ. il controllo “può essere di natura giuridica (società che dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea o di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea di un’altra società); di natura contrattuale (società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa)”.
Sul punto deve essere quindi salutato con favore il chiarimento offerto dal D.M. 14.05.2018, con il quale è stato precisato che devono essere considerate imprese associate “l’impresa residente nel territorio dello Stato e la società non residente allorché:
• una di esse partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale dell’altra (concetto di imprese controllate o controllanti), o
• lo stesso soggetto partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale di entrambe le imprese”.
Viene poi precisato che il requisito della “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale” richiede, alternativamente:
• la partecipazione per oltre il 50% nel capitale, nei diritti di voto o negli utili di un’altra impresa; oppure;
• l’influenza dominante sulla gestione di un’altra impresa, sulla base di vincoli azionari o contrattuali.
Fonte: Euroconference
di: Lucia Recchioni 15 maggio 2018