Le operazioni che, sul piano unionale, sono soggette al meccanismo del reverse charge sono previste dagli articoli 199 e 199-bis della Direttiva n. 2006/112/CE. Per le cessioni e le prestazioni ivi indicate, gli Stati membri dell’Unione europea possono stabilire che il debitore dell’IVA sia il destinatario dei beni e servizi, purché soggetto passivo. Ulteriori e specifiche operazioni soggette a reverse charge possono essere stabilite dagli Stati membri in base alla misura speciale del meccanismo di reazione rapida di cui all’articolo 199-ter della stessa Direttiva n. 2006/112/CE, nonché per le operazioni per le quali sia necessario il rilascio di una misura speciale di deroga ai sensi dell’articolo 395 della Direttiva n. 2006/112/CE.
Ipotizzando che la prestazione posta in essere tra due controparti nazionali, entrambe soggetti passivi d’imposta, sia territorialmente rilevante ai fini IVA in altro Stato membro, può verificarsi che la legislazione locale preveda che, per l’operazione in esame, il debitore d’imposta sia il committente, anche se non stabilito/identificato in quello specifico Stato membro.
Nella situazione esposta, il committente italiano deve, pertanto, identificarsi nello Stato membro in cui la prestazione si considera effettuata al fine di assolvere la relativa imposta, mentre il prestatore è tenuto ad emettere fattura, senza addebito dell’IVA, nei confronti della posizione IVA estera del committente, riportando la dicitura “inversione contabile”, in base all’articolo 21, comma 6-bis, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972, di recepimento dell’articolo 219-bis della Direttiva n. 2006/112/CE.
Trova, cioè, applicazione lo stesso principio espresso più volte dall’Agenzia delle Entrate con riferimento alla disciplina domestica.
In particolare, nella risoluzione 28/E/2012, è stato chiarito che, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi riconducibili ai settori regolati dal reverse charge, non si applica la “basic rule” dell’articolo 17, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui il debitore IVA è il soggetto passivo dell’operazione, vale a dire il cedente o il prestatore. Tale regola generale, infatti, deve “essere derogata tutte le volte in cui, in forza di disposizioni speciali, il debitore di imposta sia espressamente individuato, anche per le operazioni fra soggetti stabiliti in Italia, nel cessionario o committente”. In pratica, “il debitore dell’imposta è da individuarsi in ogni caso nel cessionario, ove soggetto passivo ai fini IVA, anche se non avente né sede né stabile organizzazione in Italia, indipendentemente dal fatto che il soggetto passivo cedente abbia la sede o la stabile organizzazione in Italia e dal fatto che tale ultimo soggetto sia identificato ai fini IVA in Italia. Per assolvere il predetto obbligo, dunque, il cessionario – in assenza di sede o di stabile organizzazione nel territorio dello Stato – dovrà identificarsi ai fini IVA in Italia oppure dovrà provvedere alla nomina di un rappresentante fiscale”.
Si tratta di una conclusione già preconizzata dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 11/2007 (risposta 5.1) in riferimento al regime di inversione contabile previsto, per i subappalti edili, dall’articolo 17, comma 6, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972. Nell’occasione, è stato precisato che, nel caso in cui appaltatore e subappaltatore siano entrambi soggetti esteri, non stabiliti in Italia, soltanto l’appaltatore, in quanto debitore d’imposta in virtù dell’applicazione del regime di reverse charge, è tenuto ad identificarsi nel territorio dello Stato.
L’indicazione che precede è stata confermata, da ultimo, dalla circolare 21/E/2016, riguardante l’ambito di applicazione dell’inversione contabile per le cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop di cui all’articolo 17, comma 6, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972. L’Agenzia delle Entrate, dopo avere ricordato che “l’applicazione del meccanismo del reverse charge comporta che il destinatario della cessione territorialmente rilevante, se soggetto passivo d’imposta, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente”, ha specificato che “il cessionario è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante reverse charge anche se non stabilito in Italia o avente stabile organizzazione in Italia. Per assolvere il predetto obbligo, dunque, il cessionario – non stabilito o in assenza di stabile organizzazione nel territorio dello Stato – dovrà identificarsi ai fini IVA in Italia (…)”.
Ritornando all’ipotesi della prestazione posta in essere tra le controparti nazionali, territorialmente rilevante ai fini IVA in altro Stato membro, se una parte della prestazione è subappaltata ad altro operatore italiano, deve ritenersi che il meccanismo del reverse charge sia applicabile anche nel rapporto tra subappaltatore e appaltatore, sicché è quest’ultimo che, a fronte di un’operazione rilevante in altro Stato membro, deve ivi identificarsi per assolvere la relativa imposta.
Esemplificando, se l’immobile oggetto di manutenzione è situato in uno Stato membro che considera la prestazione soggetta a reverse charge anche laddove le controparti dell’operazione non siano stabilite/identificate al suo interno, non solo il committente italiano dovrà identificarsi in tale Stato per versare l’imposta dovuta sulla prestazione, ivi territorialmente rilevante ex articolo 47 della Direttiva n. 2006/112/CE, corrispondente all’articolo 7-quater, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, ma anche lo stesso prestatore, se ha subappaltato i lavori, in tutto o in parte, ad altro soggetto.
Fonte: Euroconference
di Marco Peirolo – venerdì 24 febbraio 2017