Nella Direttiva n. 2006/112/CE, le operazioni che beneficiano dell’esenzione da IVA non sono solo quelle specificamente elencate, ma anche quelle che la normativa considera ugualmente detassate in quanto ad esse “strettamente connesse”.
È il caso, per esempio, dell’ospedalizzazione e delle cure mediche, rispetto alle quali l’articolo 132, par. 1, lett. b), della Direttiva stabilisce che sono esenti anche “le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti”.
Il corrispondente articolo 10, comma 1, n. 19), del D.P.R. 633/1972 non ha correttamente recepito la disposizione unionale, qualificando come esenti “le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali”.
Il disallineamento che s’intende evidenziare è quello relativo al riferimento alla “somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto”, vale a dire a prestazioni specifiche, quando la Direttiva riconosce l’esenzione, in modo più generalizzato, alle operazioni “strettamente connesse” all’ospedalizzazione e alle cure mediche.
L’inconveniente può essere, però, agevolmente superato facendo applicazione del citato articolo 132, par. 1, lett. b), della Direttiva, che essendo una disposizione sufficientemente dettagliata e precisa, oltre che incondizionata, ha effetto diretto nell’ordinamento interno.
A questo punto, si pone il problema di stabilire cosa s’intenda per operazione “strettamente connessa”, in assenza di una definizione recata dalla Direttiva.
Dalla sentenza resa dalla Corte di giustizia nella causa C-76/99 dell’11 gennaio 2001 emerge, innanzi tutto, che tale concetto non deve essere interpretato in modo particolarmente restrittivo, “nei limiti in cui l’esenzione delle operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione ed alle cure mediche è intesa a garantire che il beneficio di cure mediche ed ospedaliere non divenga inaccessibile a causa dell’aumento del costo di tali cure nel caso in cui le medesime, ovvero le operazioni ad esse strettamente connesse, venissero assoggettate all’IVA”.
Dalla stessa pronuncia si desume, inoltre, che la nozione di operazione “strettamente connessa” corrisponde a quella di operazione “accessoria”, per cui la Corte ricorda che “una prestazione dev’essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore”.
Superando il limite soggettivo posto dall’articolo 78, comma 1, lett. b), della Direttiva, che fa riferimento alle “spese accessorie (…) addebitate dal fornitore all’acquirente o al destinatario della prestazione”, i giudici dell’Unione si allineano alla previsione dell’articolo 12, comma 1, del D.P.R. 633/1972, che prevede l’esecuzione della prestazione accessoria da parte dell’operatore principale o da un terzo, ma per suo conto e a sue spese.
Dall’elaborazione della giurisprudenza unionale si evince che, affinché si configuri un rapporto di accessorietà tra due prestazioni non è sufficiente che l’operazione secondaria assicuri una generica utilità all’attività, considerata nel suo insieme, posta in essere dal prestatore che realizza a valle l’operazione principale. Occorre, piuttosto, che la prestazione secondaria formi un tutt’uno con l’operazione principale e non solo che questa sia resa possibile o più agevole in funzione dell’effettuazione della prestazione secondaria.
Conclusivamente, sono accessorie solo le operazioni poste in essere dal medesimo soggetto in necessaria connessione con l’operazione principale alla quale, quindi, accedono e che hanno, di norma, la funzione di integrare, completare o rendere possibile la prestazione principale.
Per esemplificare, si può considerare il caso oggetto della sentenza di cui alla causa C-76/99, riguardante i rapporti tra due laboratori di analisi cliniche. Il paziente che deve sottoporsi a delle analisi si rivolge ad un primo laboratorio che effettua esclusivamente il prelievo, successivamente trasmesso ad un secondo laboratorio che effettua le analisi ed emette fattura al paziente in regime di esenzione da IVA, in quanto trattasi di prestazione medica.
Anche la trasmissione del prelievo dal primo al secondo laboratorio avviene dietro pagamento di un corrispettivo, rispetto al quale la Corte ha riconosciuto il carattere di accessorietà in quanto rispondente all’esigenza di offrire al paziente la maggiore affidabilità possibile delle analisi cliniche.
Il nesso di accessorietà, in questo caso, ricorre perché la trasmissione del prelievo si colloca temporalmente tra la fase del prelievo e quella della sua analisi, sicché è strettamente connessa a quest’ultima, secondo le considerazioni sopra esposte.
Diversa, invece, è la conclusione per le operazioni che si posizionano a monte della prestazione sanitaria e che sono, si può dire, propedeutiche alla prestazione stessa, come nel caso della fornitura di attrezzature, macchinari e materiali necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, per la quale, quindi, l’esenzione non compete.
Un’ulteriore considerazione è relativa alla condizione dell’identità soggettiva tra il destinatario della prestazione principale e quello della prestazione ad essa accessoria, che può essere derogata – stando alle indicazioni della Corte europea – quando la prestazione secondaria persegue la finalità per la quale il legislatore ha riconosciuto l’esenzione.
Si consideri, nell’ambito dell’attività di ospedalizzazione svolta dalle case di cura, la fornitura di comodities, quali il telefono, la televisione, il vitto e l’alloggio alle persone che accompagnano il soggetto ricoverato.
Nelle cause riunite C-394/05 e C-395/04 del 1° dicembre 2005, i giudici di Lussemburgo hanno escluso che le prestazioni, per essere “strettamente connesse” a quelle di ospedalizzazione, debbano essere rese necessariamente nei confronti del paziente se “tali prestazioni sono indispensabili per conseguire le finalità terapeutiche perseguite dai servizi di ospedalizzazione e di cure mediche nell’ambito delle quali esse sono state fornite”.
Si tratta, pertanto, di valutare se, tenuto conto dell’età e della patologia del paziente, per la sua cura sia necessaria la presenza continua di un accompagnatore al suo fianco, ovvero la disponibilità di strumenti come il telefono e la televisione al fine di favorire il contatto con il mondo esterno.
FONTE : Euroconference
di Marco Peirolo – 24 luglio 2017