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Branch exemption con paletti

Con il recente Provvedimento pubblicato in bozza dall’Agenzia delle Entrate e su cui gli operatori potranno fornire le proprie considerazioni entro il 31 marzo (utilizzando la casella di posta elettronica branchexemption@agenziaentrate.it), l’Amministrazione finanziaria ha dettato le prime indicazioni operative sul regime c.d. di “branch exemption previsto dal decreto internazionalizzazione (art. 14, D.Lgs. 147/2015 che ha introdotto il nuovo art. 168-ter nel Tuir) grazie al quale, previa specifica opzione della casa madre, il reddito prodotto all’estero dalla stabile organizzazione è esente da tassazione in Italia.

Preliminarmente va ricordato che si tratta di una opzione irrevocabile, da effettuarsi nella dichiarazione dei redditi per il relativo periodo di imposta, che deve essere esercitata con riferimento a tutte le stabili estere della casa madre (c.d. principio del “all in all out”). Per quanto concerne le stabili organizzazioni già esistenti l’opzione va esercitata entro il secondo periodo di imposta dall’entrata in vigore della norma (entro il 2017 dunque per i soggetti “solari”).  

Il Provvedimento chiarisce che l’esercizio dell’opzione in sede di costituzione della prima stabile organizzazione vincola quelle costituite successivamente senza che siano necessarie ulteriori opzioni.

L’efficacia dell’opzione viene meno a seguito della chiusura di tutte le branch esenti.

Viene poi disciplinato il meccanismo di sterilizzazione delle perdite fiscali pregresse (c.d. di “recapture” delle perdite) per un periodo di osservazione di cinque anni. In particolare, se nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quello in cui ha effetto l’opzione l’impresa ha utilizzato perdite fiscali prodotte dalla sua stabile organizzazione all’estero, i redditi imponibili realizzati dalla medesima branch nei periodi d’imposta successivi sono tassati in capo alla casa madre italiana sino al totale riassorbimento delle medesime perdite. Le perdite si considerano utilizzate quando hanno compensato in tutto o in parte il reddito imponibile della casa madre italiana. In caso di perdite fiscali pregresse conseguite sia dalla casa madre italiana sia dalla branch esente, il Provvedimento detta un criterio di imputazione proporzionale delle perdite utilizzate.

Un meccanismo di “recapture”, analogo a quello previsto per le perdite, viene previsto anche con riferimento a svalutazioni, ammortamenti e accantonamenti pregressi derivanti dal trasferimento di attività e passività e dedotti dalla casa madre nei cinque anni precedenti l’opzione per l’esenzione.

In vigenza del regime di branch exemption, il trasferimento di beni, funzioni e rischi dall’impresa residente nel territorio dello Stato ad una sua stabile organizzazione genera plusvalenze o minusvalenze, determinate con i criteri dell’articolo 152 del Tuir.

Resta ferma in ogni caso l’indicazione del reddito delle stabili estere nella dichiarazione dei redditi della casa madre nonché l’applicazione delle regole in materia di tranfer pricing nei rapporti fra impresa residente e stabile estera e quelle in materia di CFC (di cui all’art. 167, Tuir). Queste ultime peraltro sono state revisionate dalla Legge di Stabilità 2016 secondo cui, a partire dal periodo di imposta 2016, il D.M. 21.11.2001 non è più applicabile per individuare i Paesi Black list: scatta la disciplina CFC infatti se il livello di tassazione nominale della controllata estera è inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.

Da evidenziare infine che il Provvedimento si preoccupa di disciplinare i casi in cui emergano fenomeni di doppia deduzione o doppia esenzione.

Si verifica un fenomeno di doppia esenzione quando lo Stato estero non ravvisa l’esistenza della stabile organizzazione, il cui reddito è incluso nel perimetro di esenzione dell’impresa residente nel territorio dello Stato. In tal caso viene precisato che l’opzione viene meno con effetto ex tunc solo con riferimento alla stabile di cui è stata accertata l’insussistenza.

Si verifica un fenomeno di doppia deduzione quando gli Stati interessati riconoscono l’esistenza della stabile organizzazione e l’impresa non ha incluso le perdite fiscali della stessa nel perimetro di esenzione (avendo viceversa considerato le perdite ai fini fiscali in Italia). In questo caso detta stabile è inclusa con effetto ex tunc nella branch exemption.

Alla luce di quanto sopra, e in attesa che il Provvedimento si assesti in modo definitivo, appare evidente che il regime della branch exemption ha sicuramente il suo appeal in presenza di stabili “redditizie” o in caso di controllate che rischiano di vedersi contestare l’esterovestizione e molto meno fascino nel caso di attività in perdita, incontrando comunque un limite laddove dovessero sussistere i presupposti per l’applicazione della disciplina CFC dovendo fare i conti anche con la nuova “geografia fiscale” prevista a tal fine dalla Legge di Stabilità.

di  Nicola Fasano –  07 marzo 2016

Fonte: Euroconference