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Dividendi esteri con “netto frontiera”

Una delle problematiche tornate in auge nella stagione dichiarativa in corso, anche a seguito degli spunti emersi nell’ambito delle procedure di voluntary disclosure, riguarda la tassazione dei dividendi esteri delle persone fisiche e l’aspetto legato al c.d. “netto frontiera”. In particolare, ci si riferisce ai dividendi percepiti da persone fisiche non imprenditori derivanti da partecipazioni non qualificate riscossi senza il tramite di un intermediario finanziario italiano.

Preliminarmente, va ricordato che tali dividendi se riscossi per il tramite di un intermediario finanziario italiano, sono soggetti a ritenuta a titolo d’imposta attualmente pari al 26% applicata sui dividendi al netto delle ritenute in uscita effettuate nello Stato estero (c.d. “netto frontiera”) secondo quanto disposto dall’articolo 27, commi 4 e 4-bis, D.P.R. 600/1973.

Qualora nella riscossione di tali dividendi, invece, non intervenga un intermediario finanziario che agisca da sostituto di imposta in Italia, trova applicazione l’articolo 18 Tuir secondo cui tali redditi sono soggetti a imposta sostitutiva (e in nessun caso possono scontare la tassazione ordinaria) con la stessa aliquota prevista per la ritenuta a titolo di imposta operata dagli intermediari finanziari. I dividendi, in tal caso, devono essere indicati nel rigo RM12 del modello Unico.

Ciò posto, il problema è quello di comprendere se in sede di dichiarazione vada riportato l’ammontare lordo percepito o piuttosto quello al netto delle ritenute effettuate dallo Stato estero in quanto il c.d. “netto frontiera” testualmente è richiamato solo dal citato articolo 27, comma 4-bis, D.P.R. 600/1973, applicabile solo quando interviene un sostituto di imposta italiano, e non anche dall’articolo 18 Tuir che, nel disciplinare il regime dichiarativo, si limita a richiamare l’aliquota della ritenuta a titolo di imposta e non anche la relativa base imponibile.

Sul punto, le istruzioni per la compilazione del rigo RM12 precisano che i redditi vanno esposti al lordo di eventuali ritenute subìte nello Stato estero in cui il reddito è stato prodotto”. Se così fosse, tuttavia, vi sarebbe una ingiustificabile disparità di trattamento fra colui che riscuote il dividendo tramite l’intermediario finanziario italiano e chi invece percepisce il medesimo dividendo per lo stesso identico ammontare sul proprio conto estero e lo dichiara nel proprio modello Unico.

È evidente, peraltro, come tale disparità di trattamento sarebbe censurabile, oltre che dal punto di vista costituzionale, violando i principi cardine dell’uguaglianza e della capacità contributiva, anche sotto il profilo comunitario, ostando in pratica alla libera circolazione dei capitali.

Alla luce di quanto sopra, pertanto, seppur con qualche profilo di rischio dovuto al tenore letterale delle citate disposizioni, si ritiene che i dividendi esteri “non qualificati” in regime dichiarativo vadano tassati sul “netto frontiera”.

Certo, per essere più tranquilli sarebbe opportuno che il legislatore intervenisse in modo chiaro sul punto, o che l’Agenzia delle Entrate  ne facesse in qualche modo le veci con un intervento chiarificatore prendendo spunto, per esempio, dalla circolare 26/E/2004 con cui è stato chiarito, fra l’altro, che qualora l’utile di fonte estera sia percepito direttamente all’estero ovvero senza l’intervento di un intermediario residente, il contribuente è tenuto a riportare l’utile nella dichiarazione dei redditi ai fini dell’autoliquidazione dell’imposta sostitutiva “con la stessa misura” (potendosi intendere sia per quanto riguarda la base imponibile che l’aliquota) prevista per la ritenuta a titolo d’imposta che sarebbe stata applicata qualora fosse intervenuto il sostituto d’imposta.

Resta fermo, in ogni caso, che qualora i dividendi abbiano scontato nel Paese della fonte, sulla base della relativa normativa interna, un prelievo in misura superiore rispetto all’aliquota prevista dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con il Paese di provenienza del dividendo, e il contribuente, azionando il relativo rimborso, ottenga dall’Autorità fiscale estera il recupero della differenza tra le imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale, la predetta differenza deve essere assoggettata a tassazione in qualità di dividendo con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera e, pertanto, tramite dichiarazione nel rigo RM12 secondo il criterio di cassa nell’anno in cui la suddetta differenza gli viene “restituita” con applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%.

di Nicola Fasano – 18 luglio 2016