Nelle cessioni all’esportazione, il trasferimento della proprietà può essere anticipato rispetto al momento del trasporto/spedizione dei beni al di fuori dell’Unione europea, contestuale a tale momento oppure ad esso successivo.
Il trasferimento della proprietà è anticipato per esempio quando la società italiana stipula con il cliente non residente un contratto avente ad oggetto la cessione di un software standardizzato di base, acquistato presso un fornitore terzo per essere ceduto al cliente estero all’atto della sottoscrizione del contratto, ma trasferito al di fuori dell’Unione solo al termine dei lavori di personalizzazione del software.
Ipotizzando che il contratto preveda la corresponsione di un acconto pari al 100% del prezzo di acquisto del software standardizzato, maggiorato di una determinata percentuale a titolo di compenso per le attività svolte dalla società italiana per la selezione e l’acquisto del bene e di un saldo a titolo di ribaltamento di tutti i costi di assicurazione/trasporto sostenuti per la custodia ed il trasporto del bene divenuto di proprietà del cliente non residente, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 1° dicembre 2008, n. 456 ha precisato che l’operazione configura una cessione all’esportazione “diretta” ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, essendo a tal fine irrilevante la circostanza che la spedizione del bene che forma oggetto della cessione avvenga dopo il passaggio di proprietà e l’emissione della fattura d’acconto.
Con la R.M. 18 aprile 1975, n. 525446, infatti, è stato indicato che gli acconti relativi alle cessioni all’esportazione, incassati anteriormente alla spedizione al di fuori del territorio comunitario, non sono soggetti a IVA, in quanto la riscossione dei medesimi, nonché del successivo ed eventuale conguaglio del prezzo, e l’emissione delle relative fatture, sono da considerarsi giuridicamente e direttamente dipendenti dal contratto avente ad oggetto cessioni di beni all’esportazione non imponibili ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, è corretto procedere all’emissione delle fatture di acconto e di saldo senza l’addebito dell’IVA, indicando nel documento che trattasi di operazione non imponibile a norma della citata disposizione.
Il trasferimento della proprietà è anticipato anche nell’ipotesi contemplata dallo stesso art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, in cui i beni sono sottoposti, per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni.
Laddove, invece, il trasferimento della proprietà sia contestuale all’invio dei beni al di fuori dell’Unione europea non v’è dubbio che l’operazione configuri una cessione all’esportazione, siccome l’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 fa riferimento alle cessioni eseguite mediante trasporto/spedizione dei beni fuori dal territorio comunitario a cura o a nome del cedente.
La C.M. 15 luglio 1999, n. 156/E, sovvertendo le indicazioni contenute nella R.M. 4 dicembre 1975, n. 520657, ha infatti precisato che, per ritenere sussistente una cessione all’esportazione, non imponibile, è indispensabile non solo la materiale uscita dei beni dal territorio comunitario, ma anche il verificarsi del trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento, oltre naturalmente al pagamento del corrispettivo. Tale orientamento è stato confermato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 21 luglio 2008, n. 306, che – in una fattispecie di invio delle merci all’estero senza che fosse in programma alcuna cessione – ha chiarito che, in tale evenienza, il trasporto/spedizione dei beni all’estero costituisce una mera esportazione “franco valuta” in cui manca uno degli elementi caratterizzanti le cessioni all’esportazione di cui al citato art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, cioè il trasferimento del diritto di proprietà sui beni stessi.
Dalle indicazioni fornite dalla prassi amministrativa da ultimo richiamate s’intuisce che, almeno in via di principio, il trasferimento della proprietà differito, cioè rinviato ad un momento successivo rispetto all’invio dei beni all’estero, non dà luogo ad una cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA. In questa ipotesi, in cui il passaggio di proprietà avviene quando la merce è già in territorio extracomunitario, la cessione deve essere fatturata come operazione non soggetta ex art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, in difetto del presupposto territoriale.
In base all’orientamento dell’Amministrazione finanziaria, questa conclusione è derogata in due casi, esaminati dalle risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate 5 maggio 2005, n. 58 e 13 dicembre 2013, n. 94.
Con la risoluzione n. 58/E/2005 è stato ritenuto che anche nell’ipotesi in cui, in virtù delle pattuizioni di cui al contratto di “consignment stock”, le merci sono inviate a destinazione di un acquirente stabilito in un Paese extra-UE, presso un deposito del medesimo o di un terzo cui quest’ultimo possa accedere, all’atto del prelievo delle merci dal deposito da parte dell’acquirente, si dà esecuzione alla compravendita e si realizzano i presupposti per inquadrare l’operazione come cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972. Nella predetta ipotesi di contratto di “consignment stock”, è stata riconosciuta, quindi, l’esistenza di una unitaria cessione a titolo oneroso delle merci in uscita, cessione che è realizzata secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo momento, all’atto del prelievo delle merci dal deposito. In tali fattispecie, l’effetto traslativo della proprietà dei beni esportati, ancorché differito, non esclude che l’operazione, unitariamente considerata, possa considerarsi una cessione all’esportazione non imponibile ai fini IVA.
Con la risoluzione n. 94/E/2013, le indicazioni contenute nella risoluzione n. 58/E/2005 sono state estese al caso in cui l’invio dei beni al di fuori dell’Unione in regime “franco valuta” per essere successivamente ceduti al cliente non residente avvenga in virtù dell’impegno contrattualmente vincolante assunto ab origine dalle stesse parti. Le merci, ancorché stoccate in un deposito di proprietà del cedente italiano o di cui quest’ultimo ne abbia la disponibilità in virtù di un contratto di locazione appositamente stipulato, appaiono vincolate, sin dall’inizio, all’esclusivo trasferimento in proprietà del cliente estero in relazione alle sue esigenze di approvvigionamento.
Nel presupposto, quindi, che il fornitore nazionale è obbligato a vendere i beni al cliente estero, è stato precisato che, con il prelievo dal deposito per la consegna al cliente estero, si dà esecuzione alla compravendita e si realizzano i presupposti per inquadrare l’operazione come cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.
di Marco Peirolo – 07 aprile 2016
Fonte: Euroconference