Le cronache dei quotidiani e dei telegiornali presentano sempre più spesso notizie di scoperte attività illecite ad ampia rilevanza penale, spesso ai danni dello Stato. E a volte il frutto dell’accertato illecito è per la maggioranza della platea di lettori o televidenti solo “un numero”, trovandosi incapaci di “tradurre” in valore monetario spendibile tali esorbitanti cifre.
L’ufficio stampa delle Fiamme Gialle presenta regolarmente l’informativa delle attività svolte dal Corpo al contrasto dell’illegalità. Nel solo mese di maggio sono state pubblicate 37 notizie che riguardano arresti e sequestri di beni e denaro per attività illecita che va dal traffico di stupefacenti alla frode fiscale, passando per lo sfruttamento dei lavoratori – lavoro in nero – e culmina in attività di carattere mafioso. Stanti le notizie dell’arma, solo l’ultimo segmento avrebbe fruttato allo Stato negli ultimi due mesi un bottino pari a circa €550.000.000,00, confiscati ad imprenditori “collusi” con Casa Nostra ed operanti in diversi settori, dai Supermercati ad attività da gioco d’azzardo.
Mentre l’attività da gioco d’azzardo è sempre stata nel mirino delle Forze dell’Ordine poiché spesso considerata “borderline”, particolare rilevanza mediatica assume l’attività delittuosa riscontrata nella grande distribuzione di prodotti ad ampio consumo.
Nello specifico, il 19/05 sono stati sequestrati a Palermo €150.000.000,00 in un’operazione di prevenzione antimafia ad un imprenditore del settore della grande distribuzione alimentare, mentre ad aprile del anno in corso sono stati sequestrati oltre €100.000.000,00 ad un’altro imprenditore, anch’egli di Palermo, operante nel settore della distribuzione di prodotti per la casa e per l’igiene.
Ma… come si fa ad accumulare un introito “illecito” così alto commercializzando prodotti primari – alimentari e prodotti per la cura del corpo e della casa – nella grande distribuzione?
In due maniere poco ortodosse: 1) annientando la concorrenza collocandosi vicino a “Casa Nostra”; 2) evadendo imposte dirette ed indirette: cioè non pagando IRES né IVA.
In entrambi i casi i fornitori dei prodotti di alto consumo venduti nelle superfici commerciali di cui sopra sono inconsapevoli dei meccanismi fraudolenti che soggiacciono alle compravendite. E nemmeno i clienti sono consapevoli dell’attività delittuosa che favoriscono, attirati da prezzi di mercato favorevoli e spesso sottocosti vantaggiosi su prodotti in prima linea, come bibite, patatine, pasta, caffè, shampoo, detersivi, ecc. Tutti prodotti noti, ben pubblicizzati a prezzo di mercato imposto e noto all’acquirente.
Quando, ad esempio, una famosa bevanda costa regolarmente €1,00 – prezzo per il consumatore € 1,43 ivato – , e alla Superficie si propone per l’acquisto di grandi quantitativi – che poi distribuirà nei centri di approvvigionamento sparpagliati sul territorio regionale o nazionale – un prezzo finito pari a €0,81, il gestore del Dipartimento “acquisti” considererà la partita un vero “affare” e non esiterà a cogliere l’occasione. E si accingerà a pubblicare sul volantino la promozione per il consumatore, che pagherà soltanto €1,18, con un notevole risparmio. Tenuto conto che detto prodotto popolare è acquistato nel periodo promozionale da milioni di utenti, il gioco è fatto. Il prezzo conveniente attirerà la clientela, che oltre a detto prodotto riempirà il carrello con altri beni meno “convenienti”, a costo zero per il commerciante.
Ma…. Come può una bevanda a prezzo imposto di €1,00 costare €0,81? NON PUO; anzi, non dovrebbe. Costa €0,81 perché nella catena di distribuzione vi sono dei meccanismi fraudolenti non meglio identificati ad occhio nudo. Spesso uno o più operatori non paga né l’IVA nelle imposte; cioè, è un missing trader, o meglio, una società cartiera: cioè, una società creata soltanto per evadere, intestata a prestanomi e senza alcuna autonomia gestionale.
Il meccanismo fraudolento è sofisticato e spesso coinvolge anche operatori ubicati all’estero, a volte consenzienti, a volte tenuti completamente all’oscuro dei raggiri: L’operatore estero acquista da un fornitore italiano, che applica dei prezzi di favore per vendite corpose fuori dai confini, e consegna la merce direttamente in una logistica del cliente. Questo tipo di acquisto prevede il pagamento anticipato – o alla consegna- dell’ordine. Il cliente – distributore – chiede a sua volta la provvista al cliente finale – italiano o no – che paga senza titubanze. I margini commerciali per questa tipologia di attività si aggirano tra il 2,2% e il 3% lordo. Così la merce è rivenduta in neutralità d’IVA – reverse charge – ed entra in possesso dei “malfattori” che, tramite delle società intestate a prestanomi, venderanno in Italia ai destinatari finali inconsapevoli – supermercati, ristorazione, cash&carry – applicando l’iva senza mai versarla, creando così dei prezzi di mercato molto favorevoli fuori concorrenza.
Naturalmente, il denaro anticipato per l’acquisto della merce proviene da fonti illecite, perché le società cartiere non riescono ad ottenere finanziamenti da fonti lecite – Istituti di Credito, Finanziarie- dato che non sono strutturate e nemmeno dotate di indipendenza economica-gestionale o patrimoniale.
Le indagini della Guardia di Finanza provano che spesso i soggetti intermediari – le c.d. società cartiere – sono intestate a prestanomi italiani nullatenenti o con precedenti penali o a persone di nazionalità estera non più rintracciabili al momento dello svolgimento delle indagini. Di fatto, i promotori – ideatori della frode contano sui tempi piuttosto laschi delle investigazioni per fare sparire ogni traccia identificativa. Non mancano casuali incendi che distruggono il materiale probatorio né provvidenziali dipartite all’estero degli imprenditori in erba.
Il fenomeno è ben visibile ad occhio nudo, poiché spesso si trovano al supermercato prodotti brandizzati sottocosto. Un’attenta osservazione della casalinga che acquista in diversi supermercati seguendo le offerte reclamizzate denoterà che le offerte riguardano sempre quel determinato brand per quel determinato periodo di tempo; un attento controllo delle fatture di acquisto dei diversi supermercati non potrà non rilevare come il distributore di detto prodotto sia il medesimo per le diverse catene di approvvigionamento. E senz’altro nella catena che andrà dalla fonte al destinatario finale, qualche elemento “perverso” sarà rilevato.
E allora.. .nonostante la ricorrente proposta di “sottocosti”…. perché continua ad esistere questo meccanismo ‘malato’? Perché le Autorità, che scoprono e perseguitano frodi ed illeciti, non contrastano il fenomeno? E così radicato da non poterlo combattere? Basterebbe tenere sotto controllo i volantini delle superfici commerciali ed indagare sulla provenienza di quel prodotto così vantaggioso. O vi sono troppi interessi collegati – inclusa la convenienza della casalinga che acquista sottocosto – e a nessuno interessa rompere gli equilibri?
Al lettore, la risposta