In un precedente intervento, è stato evidenziato che, in via di principio, il trasferimento della proprietà differito, cioè rinviato ad un momento successivo rispetto all’invio dei beni all’estero, non dà luogo ad una cessione all’esportazione, non imponibile ai fini IVA. Nell’ipotesi considerata, in cui il passaggio di proprietà avviene quando la merce è già in territorio extracomunitario, la cessione deve essere, infatti, fatturata come operazione non soggetta ex art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, in difetto del presupposto territoriale.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, questa regola generale è derogata esclusivamente in due ipotesi, nella specie quando:
La norma di comportamento n. 161 dell’Associazione Dottori commercialisti di Milano (ora Associazione italiana Dottori commercialisti) ha affermato che le cessioni all’esportazione, il cui effetto traslativo sia posticipato rispetto all’invio dei beni all’estero, concorrono alla formazione del plafond, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, qualora la cessione eseguita successivamente rientri nella finalità dell’esportatore sin dal momento dell’invio dei beni fuori del territorio dell’Unione europea. Di conseguenza, agli effetti della creazione del plafond l’operazione s’intende conclusa nel momento in cui si verificano gli effetti traslativi sospesi o differiti e, con riferimento a tale momento, occorre emettere la relativa fattura indicando la norma di non imponibilità della cessione.
Più nel dettaglio, l’Associazione ha rilevato che, ai fini e per gli effetti dell’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, la rilevanza delle operazioni espressamente tipizzate dall’art. 6, commi 1 e 2, dello stesso decreto, in relazione al differimento degli effetti traslativi, può considerarsi estesa ad altre situazioni giuridiche (come, ad esempio, la tentata vendita e le cessioni di beni eseguite all’estero in occasione di fiere mercato) precedute da operazioni di trasporto/spedizione dei beni all’estero e fondate sull’elemento dell’originaria intenzionalità della vendita di detti beni.
A fondamento di questa conclusione, può osservarsi che la norma comunitaria (art. 8, par. 1, lett. a) della VI Direttiva CEE, ora art. 32 della Direttiva n. 2006/112/CE) richiede, per la configurazione di una cessione all’esportazione, la consegna o spedizione e l’atto negoziale in base al quale avviene il trasferimento della proprietà (immediato o differito). Essa considera indispensabile solo la compresenza dei due momenti predetti, indipendentemente dalla cronologia del loro accadimento, sicché la momentanea assenza di uno di essi agisce alla stregua di una condizione di sospensione degli effetti dell’operazione che, nell’ordinamento italiano, è espressa dall’art. 6, commi 1 e 2, del D.P.R. 633/1972 per le operazioni (tipizzate) ivi previste.
Quanto al momento della rilevanza dell’operazione, ai fini della determinazione del plafond, la cessione, conclusa quando i beni siano già stati trasferiti all’estero, viene qualificata come cessione all’esportazione con effetto ex nunc, cioè quando gli effetti sospensivi dell’operazione cessano, dando luogo al perfezionamento della compravendita. Con riferimento a tale momento, ossia quando i beni già inviati all’estero vengono ceduti, l’operatore deve emettere la fattura in regime di non imponibilità ex art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.
In linea con il principio contenuto nella norma di comportamento n. 161, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5618 del 16 marzo 2016, ha affermato che la cessione di beni oggetto di temporanea esportazione beneficia della non imponibilità IVA di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 e, quindi, concorre alla formazione del plafond anche se l’effetto traslativo della proprietà si verifica quando i beni si trovano già in territorio extracomunitario, ove sono stati inviati nell’ambito di una esposizione fieristica. In pratica, con la cessione dei beni già in territorio extracomunitario, ove essi sono stati inviati in occasione della fiera mercato, è possibile emettere fattura non imponibile, siccome l’operazione, in considerazione dell’elemento dell’originaria intenzionalità della vendita dei suddetti beni, si qualifica come cessione all’esportazione e non come operazione non soggetta a IVA per difetto del presupposto territoriale di cui all’art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972.
La conclusione raggiunta dai giudici di legittimità estende, pertanto, le ipotesi che legittimano l’emissione della fattura in regime di non imponibilità per i beni ceduti quando si trovino già in territorio extracomunitario, con la conseguente creazione del plafond per l’operazione nazionale.
di Marco Peirolo – 18 aprile 2016
Fonte: Euroconference