Nel corso degli anni la normativa conosciuta tra gli addetti ai lavori come CFC (Controlled Foreign Companies) ha subìto numerose modifiche riferite ai criteri di individuazione degli Stati o territori a fiscalità privilegiata.
In merito, si è passati da un approccio basato sulla tradizionale black list, emanata ai sensi del D.M. 21.11.2001, alla valutazione del livello di tassazione nominale cui è soggetta l’impresa estera.
Sino al periodo d’imposta 2018, ai sensi dell’articolo 167, comma 1, Tuir, se un soggetto residente in Italiadeteneva, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o altro ente residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato erano imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute.
Sul punto, per individuare il regime fiscale privilegiato, l’articolo 167, comma 4, Tuir, nella versione emendata dalla L. 208/2015 (stabilità 2016), prevedeva che: “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”.
In buona sostanza, a partire dal 1° gennaio 2016, si consideravano privilegiati:
Nella sua versione originaria, ai fini della tassazione per trasparenza, la normativa in rassegna prevedeva una netta distinzione tra le imprese controllate estere “paradisiache”, ossia quelle localizzate in Stati e territori a fiscalità privilegiata, rispetto alle c.d. “white list passive income companies”.
In merito a queste ultime, ai sensi dell’articolo 167, comma 8-bis, Tuir, la normativa CFC operava infatti anche nella particolare ipotesi in cui le imprese controllate estere fossero localizzate in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata, al ricorrere congiunto delle seguenti condizioni:
Giova sottolineare che l’articolo 4 D.Lgs. 142/2018 ha introdotto ulteriori norme a contrasto delle pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, modificando, con decorrenza giuridica dal 12 gennaio 2019, anche la disciplina prevista in materia di imprese estere controllate.
In particolare, le novità di maggiore rilevo prevedono:
Nello specifico, ai sensi del novellato articolo 167, comma 4, Tuir, attualmente la tassazione per trasparenza si applica se i soggetti controllati non residenti integrano, congiuntamente, le seguenti condizioni:
La nuova versione dell’articolo 167, comma 5, Tuir prevede poi la possibilità di disapplicare le regole CFC, sulla base di una particolare esimente.
Infatti, dal 2019, la tassazione per trasparenza non si applicherà se il soggetto residente in Italia dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.
Infine, corre l’obbligo di evidenziare che è anche cambiata la nozione di controllo rilevante per far scattare le regole impositive in rassegna.
A tale fine si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
Fonte: Euroconference
di Marco Bargagli – 21 gennaio 2019