In caso di reso dovuto a difetti e vizi dei beni venduti, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che è possibile applicare la procedura di variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta prevista dall’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, riferita alle operazioni venute meno, in tutto o in parte, o per le quali si sia ridotto l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.
La rettifica dell’imponibile e dell’imposta può essere effettuata anche dopo il termine di un anno dall’effettuazione della cessione, in quanto la variazione discende da precisi obblighi posti a carico del venditore ai sensi degli 1490 ss. c.c. (R.M. 24 ottobre 1990, n. 571646). La nota di variazione è, infatti, giustificata dalla responsabilità contrattuale del venditore prevista dall’art. 1453 c.c., che dà luogo alla risoluzione del contratto per inadempimento.
Nel caso in cui la restituzione sia disposta dal cliente comunitario, al quale i beni sono stati precedentemente ceduti in regime di non imponibilità di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/1993, occorre osservare che la normativa applicabile, ai fini IVA, alle operazioni intracomunitarie non disciplina espressamente le variazioni dell’imponibile e/o dell’imposta. In forza, tuttavia, del rinvio generale previsto dall’art. 56 del D.L. n. 331/1993, vale a dire per tutto quanto non specificamente stabilito dal D.L. n. 331/1993, in presenza di variazioni intervenute nelle operazioni effettuate in ambito intra-UE si applicano le disposizioni dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972.
Il reso da parte del cliente comunitario dà luogo alla rettifica della cessione intracomunitaria (C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, § B.10.3).
Dato che la procedura di variazione in diminuzione non è obbligatoria, il fornitore italiano ha la facoltà di intervenire sul registro delle fatture emesse (di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633 del 1972) con un’apposita annotazione di rettifica in diminuzione, che riduce l’ammontare imponibile della corrispondente operazione se annotata nello stesso periodo di riferimento in cui è annotata l’operazione originaria; diversamente, della rettifica si tiene conto in dichiarazione annuale.
Nel caso in cui la variazione in diminuzione sia stata operata è necessario presentare il modello INTRA 1-ter ai fini, sia fiscali, sia statistici, indicando il codice “2” (restituzione o sostituzione di merci) nella colonna relativa alla natura della transazione.
A prescindere dall’avvenuta variazione in diminuzione, il fornitore nazionale deve ridurre del corrispondente ammontare la disponibilità del plafond per effettuare acquisti di beni/servizi e importazioni senza applicazione dell’IVA.
Nel caso in cui la restituzione sia disposta dal cliente extracomunitario al quale i beni sono stati precedentemente ceduti in regime di non imponibilità di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, è dato osservare che se il reso avviene a cura e a spese del fornitore italiano, spetta a quest’ultimo dichiarare la merce per l’importazione definitiva, soggetta a IVA in dogana, oppure ricorrere alla reintroduzione in franchigia ai sensi dell’art. 68, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972.
Con quest’ultima procedura, i beni reintrodotti in Italia, oltre ad essere esonerati dal pagamento dei dazi, non sono neppure assoggettati all’IVA all’importazione se sussistono le condizioni per beneficiare della franchigia doganale previste dagli artt. 185 e 186 del Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario), essendo richiesto, allo stesso tempo, che i beni siano reintrodotti nel medesimo stato in cui sono stati esportati e che vengano immessi in libera pratica entro tre anni dall’esportazione.
Per avvalersi del regime in esame occorre presentare in dogana la bolletta di esportazione originaria e la dichiarazione di importazione senza esposizione dei dazi doganali.
Di regola, la reintroduzione in franchigia si applica anche ai fini dell’IVA quando l’impresa italiana non ha ancora annotato la cessione all’esportazione nel registro delle fatture emesse, nel qual caso, infatti, l’operazione concorre a formare il plafond per l’acquisto di beni e servizi senza applicazione dell’imposta. In questa ipotesi, è tuttavia possibile evitare il pagamento dell’imposta se si è esportatori abituali e, al riguardo, si ricorda che la nota dell’Agenzia delle Dogane 20 maggio 2015, n. 58510 ha precisato che, dal 25 maggio 2015, non è più obbligatoria la presentazione in dogana della dichiarazione d’intento in formato cartaceo unitamente alla relativa ricevuta di presentazione.
di Marco Peirolo – 23 marzo 2016
Fonte: Euroconference