Nel commercio elettronico cd. “indiretto”, caratterizzato dalla vendita on line di beni materiali, successivamente consegnati con i mezzi tradizionali (es. posta, corriere espresso, ecc.), si pone il problema dell’individuazione del soggetto sul quale ricade l’obbligazione doganale nell’ipotesi del mancato pagamento dei dazi dovuti in sede di importazione dei beni di provenienza extracomunitaria.
La questione assume particolare rilevanza quando la merce, prodotta al di fuori dell’Unione europea, sia messa in vendita on line da un soggetto che, agendo in qualità di intermediario, si limita a concludere i contratti di compravendita e ad incassare il prezzo, senza pertanto né detenere e né introdurre materialmente i beni nel territorio comunitario.
Occorre, in altri termini, stabilire se l’intermediario, nel caso in cui i beni siano sottratti al controllo doganale e, quindi, al pagamento dei dazi, possa essere ritenuto responsabile dell’irregolare introduzione della merce nel territorio comunitario.
La violazione è disciplinata dall’art. 202 del Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario), in base al quale l’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito all’irregolare introduzione nel territorio doganale comunitario di una merce soggetta a dazi all’importazione.
Posto che l’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare, sono considerati debitori:
Nel caso di specie, si tratta pertanto di stabilire se l’intermediario sia coobbligato al pagamento dei dazi doganali dovuti a seguito della violazione in esame, in quanto persona che ha partecipato all’introduzione irregolare della merce nel territorio comunitario sapendo o dovendo sapere che l’operazione era irregolare.
Come messo in lice dalla Corte di giustizia nella causa C-454/10 del 17 novembre 2011, ai fini della responsabilità dell’intermediario, deve ricorrere una duplice condizione, di carattere oggettivo e soggettivo.
La condizione oggettiva richiesta della norma si riferisce alla partecipazione all’introduzione irregolare, rispetto alla quale non è espressamente previsto che persone considerate siano esclusivamente quelle che hanno contributo direttamente all’introduzione irregolare.
Nel caso di specie, sia la conclusione dei contratti di compravendita che la consegna delle merci costituiscono elementi di un’unica operazione, vale a dire la vendita delle merci. Di conseguenza, rilevano i giudici comunitari, l’intermediario – anche se non ha partecipato direttamente all’introduzione irregolare dei beni nel territorio comunitario – deve considerarsi comunque debitore dell’obbligazione doganale ai sensi dell’art. 202 del Reg. CEE n. 2913/1992.
La condizione soggettiva ricorre, invece, quando le persone che hanno partecipato all’introduzione irregolare sapevano o dovevano sapere, secondo ragione, che essa era irregolare, il che implica che esse avessero o dovessero, secondo ragione, avere conoscenza dell’esistenza di una o più irregolarità.
La norma, al riguardo, fa riferimento al comportamento dell’operatore diligente ed accorto, sicché – osservano i giudici comunitari – deve ritenersi che una persona che agisce in veste di intermediario per la conclusione dei contratti di compravendita deve sapere che la consegna di merci provenienti da uno Stato terzo e destinati all’Unione fa sorgere l’obbligo di assolvimento dei dazi all’importazione.
Risulta, pertanto, pertinente chiedersi se l’intermediario abbia svolto tutte le verifiche che dal medesimo possano ragionevolmente attendersi per garantire che le merci non siano introdotte irregolarmente e, in particolare, se egli abbia informato il fornitore dell’obbligo di dichiararle in dogana.
Ai fini dell’individuazione della responsabilità, occorre anche valutare:
Nella sentenza di cui alla citata causa C-454/10, la Corte di giustizia ha conclusivamente affermato che va considerato debitore dell’obbligazione doganale sorta per effetto dell’introduzione irregolare di merci nel territorio doganale dell’Unione europea colui che, pur senza concorrere direttamente all’introduzione, vi abbia partecipato come intermediario ai fini della conclusione di contratti di compravendita relativi alle merci medesime, qualora sapesse o dovesse, secondo ragione, sapere che tale introduzione sarebbe stata irregolare, circostanza che spetta al giudice del rinvio acclarare.
di Marco Peirolo – 11 marzo 2016
Fonte: Euroconference