I soggetti non residenti possono chiedere il rimborso dell’IVA assolta in Italia sugli acquisti e sulle importazioni a condizione che l’imposta sia detraibile, fermo restando che, in base all’articolo 38-bis2, comma 1, del D.P.R. 633/1972, il rimborso non può essere richiesto dai soggetti stabiliti in altri Stati membri della UE che, nel periodo di riferimento:
Il terzo comma dell’articolo 38-bis2 del D.P.R. 633/1972 esclude il rimborso anche al ricorrere di una ulteriore ipotesi, vale a dire quando i soggetti non residenti, nello Stato membro in cui sono stabiliti, effettuano operazioni attive che non danno diritto alla detrazione dell’imposta. Nel caso in cui tali soggetti effettuino sia operazioni che danno diritto alla detrazione sia operazioni che non conferiscono tale diritto, il rimborso è ammesso nella misura corrispondente alla percentuale di detrazione dell’imposta (c.d. “pro rata”) applicata nello Stato membro di stabilimento dell’operatore.
Le condizioni di rimborso del primo comma dell’articolo 38-bis2 si applicano, a condizione di reciprocità, anche ai soggetti stabiliti in Stati extra-UE (attualmente, si tratta di Svizzera, Norvegia e Israele), limitatamente all’imposta relativa agli acquisti e importazioni di beni mobili e servizi inerenti alla loro attività.
In merito alle condizioni in esame, l’Agenzia delle Entrate, nella FAQ n. 40, disponibile sul proprio sito internet, ha precisato che “i soggetti che hanno una stabile organizzazione in Italia, gli identificati diretti, e coloro che usufruiscono del rappresentante fiscale non possono richiedere il rimborso dell’IVA ai sensi dell’articolo 38 bis2 del D.P.R. del 633/1972 ma devono richiedere il rimborso dell’imposta mediante le modalità previste dall’articolo 38 bis del citato decreto”.
Il riferimento ai soggetti non residenti identificati ai fini IVA in Italia direttamente o per mezzo di un rappresentante fiscale non risulta conforme né alla normativa interna, né a quella unionale, come interpretata dalla Corte di giustizia.
Deve, infatti, ritenersi che il rimborso, in queste situazioni, sia precluso non già in via generalizzata, ma al di fuori delle fattispecie contemplate dalla norma, come nell’ipotesi in cui il soggetto estero, nel periodo di riferimento dell’istanza, abbia utilizzato il numero di partita IVA italiano per effettuare operazioni attive di cui sia debitore della relativa imposta nel territorio dello Stato. È il caso, per esempio, delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, rilevanti in Italia, poste in essere nei confronti di soggetti non passivi d’imposta. Ricorrendo quest’ultima ipotesi, l’imposta relativa agli acquisti effettuati in Italia può essere recuperata esercitando la detrazione, ovvero chiedendo il rimborso di cui agli articoli 30 e 38-bis del D.P.R. 633/1972 mediante il numero di partita IVA italiano.
Nella prospettiva unionale, tale conclusione trova conferma nelle disposizioni della Direttiva n. 2006/112/CE e della Direttiva n. 2008/9/CE.
L’articolo 170 della Direttiva n. 2006/112/CE dispone che “il soggetto passivo che, ai sensi dell’articolo 1 della Direttiva 86/560/CEE, dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3 della Direttiva 2008/9/CE e dell’articolo 171 della presente Direttiva, non è stabilito nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da IVA ha il diritto al rimborso di tale imposta nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni seguenti:
A sua volta, l’articolo 171, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE specifica che “il rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta ma che sono stabiliti in un altro Stato membro è effettuato secondo le modalità d’applicazione previste dalla Direttiva 2008/9/CE”. Per quanto riguarda il rimborso dell’IVA, previsto dalla Direttiva n. 2006/112/CE, a favore dei soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, disciplinato – dal 1° gennaio 2010 – dalla Direttiva n. 2008/9/CE, l’articolo 2, punto 1), di tale ultima Direttiva prevede che, “ai fini della presente Direttiva, s’intende per:
1) «soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso» il soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 9, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE, che non è stabilito nello Stato membro di rimborso, ma nel territorio di un altro Stato membro (…)”.
Il successivo articolo 3 della stessa Direttiva dispone che “la presente Direttiva si applica ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le seguenti condizioni:
Come appare evidente, le disposizioni unionali fanno riferimento al luogo di stabilimento e non a quello di identificazione del soggetto non residente che richiede il rimborso, confermando che l’identificazione preclude la restituzione dell’imposta secondo la procedura in esame nelle fattispecie diverse da quelle contemplate, come nell’ipotesi in cui la posizione IVA italiana sia utilizzata per compiere operazioni attive territorialmente rilevanti con addebito dell’imposta in fattura.
Nello stesso senso possono richiamarsi le indicazioni fornite dalla Corte di giustizia nella causa C-323/12 (E.ON Global Commodities), nella parte in cui i giudici dell’Unione hanno affermato che “la mera nomina di un rappresentante fiscale non è sufficiente a ritenere che il soggetto passivo in questione disponga di una struttura dotata di un sufficiente grado di stabilità e di un personale proprio incaricato della gestione delle proprie attività economiche” e che, dunque, la nomina del rappresentante non esclude, per ciò solo, il rimborso chiesto dal soggetto non residente secondo la procedura contemplata dalla VIII Direttiva (ora Direttiva n. 2008/9/CE).
Fonte: Euroconference
di Marco Peirolo – 06 febbraio 2017