Dal 1° gennaio 2015, i servizi di e-commerce sono imponibili ai fini IVA in Italia non solo nei rapporti “B2B”, ma anche nei rapporti “B2C”, nella specie quando sono resi a committenti nazionali che non agiscono in veste di soggetti passivi d’imposta.
L’estensione ai rapporti “B2C” del criterio territoriale basato sul Paese di stabilimento del committente recepisce l’art. 5 della Direttiva n. 2008/8/CE ed è diretto a garantire la tassazione nel luogo di effettivo consumo dei servizi in esame.
Anche se, a seguito delle modifiche novellate dal D.Lgs. n. 42/2015, le regole territoriali applicabili ai servizi “B2C” sono state equiparate a quelle relative ai servizi “B2B”, resta imprescindibile individuare il luogo di localizzazione del cliente non soggetto passivo ed, in proposito, assumono particolare rilevanza le presunzioni contenute nell’art. 13-bis del Reg. UE n. 282/2011, nonché quelle definite:
Allo stesso modo, resta imprescindibile, per il fornitore nazionale, verificare lo status del cliente non residente, in modo da individuare il soggetto tenuto ad assolvere l’imposta nel Paese di consumo e ad adempiere i connessi obblighi “formali”.
In proposito, la qualifica del destinatario deve essere determinata attraverso il criterio presuntivo definito dall’art. 18, par. 2, comma 2, del Reg. UE n. 282/2011. In particolare, al fine di semplificare gli obblighi impositivi per i servizi di e-commerce, di regola erogati ad un numero elevato di clienti e a fronte di un corrispettivo di modesto importo, è previsto che il fornitore, anche se dispone di informazioni contrarie, può considerare che il cliente stabilito nell’Unione europea sia una persona priva di soggettività passiva d’imposta se quest’ultimo non gli ha comunicato il proprio numero di identificazione IVA.
La deroga opera facoltativamente, nel senso che il fornitore può (e non deve) considerare come “privato consumatore” il cliente comunitario non residente che non gli abbia comunicato il proprio numero di identificazione IVA. Va da sé che la possibilità di qualificare il destinatario del servizio come un soggetto passivo d’imposta implica, per il fornitore, l’onere di dimostrare l’effettivo status del cliente. È il caso, per esempio, in cui il fornitore, che abbia qualificato il cliente come un soggetto non passivo d’imposta, riceva da quest’ultimo la comunicazione del proprio numero di partita IVA; in questa eventualità, lo status originario del destinatario del servizio deve essere modificato, non essendo più il fornitore il debitore d’imposta per il servizio reso.
Per i servizi di e-commerce territorialmente rilevanti in Italia, la fattura resta obbligatoria solo nei rapporti “B2B”. L’art. 22, comma 1, n. 6-ter), del D.P.R. n. 633/1972 prevede, infatti, che l’emissione della fattura non è obbligatoria, ove non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, per le prestazioni di servizi elettronici rese a committenti che agiscono al di fuori dell’esercizio d’impresa, arte o professione.
Come specificato dalla Relazione illustrativa allo schema del D.Lgs. n. 42/2015, l’esonero è stato introdotto per non discriminare le imprese stabilite in Italia rispetto a quelle non residenti che hanno aderito al MOSS (Mini One Stop Shop), che sono sempre esonerate dall’obbligo in esame per i servizi di e-commerce resi a clienti italiani “privati consumatori”.
Dal 1° gennaio 2015, per effetto del D.M. 27 ottobre 2015, le prestazioni in questione, rese nell’ambito dei rapporti “B2C”, sono esonerate anche dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante il rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale.
Come sottolineato dalla Relazione illustrativa, l’esonero è formulato in termini generali, ricomprendendo tutte le prestazioni rese a clienti “privati” domiciliati o residenti nel territorio dello Stato a prescindere dal luogo di stabilimento del fornitore e dalla circostanza che quest’ultimo abbia o meno aderito al MOSS. Più precisamente, rientrano nell’esonero le prestazioni rese da:
Marco Peirolo – 14 gennaio 2016
Fonte Euroconference