Un approfondimento sull’attuale quadro normativo e sulle novità che si applicheranno da Unico 2016.
La deduzione dei costi per acquisti da aziende o professionisti collocati in Paesi con prelievo fiscale molto soft (cosiddetti Paesi Black List) è un tema di grande rilevanza e soprattutto nell’ultimo decennio ha evidenziato molteplici aspetti critici.
Un intervento sulla materia era auspicabile e il recentissimo decreto datato 27 aprile 2015, che modifica la Black list sull’indeducibilità dei costi e lo schema di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale, consentono di fare il punto sull’attuale quadro normativo e sulle novità che si applicheranno da Unico 2016.
La norma di riferimento è l’art. 110 commi da 10 a 12 bis del Testo Unico delle imposte sui redditi.
Il suddetto articolo esclude la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse fra imprese individuali o società residenti e soggetti domiciliati o localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata, se non si dimostrano particolari condizioni.
Per individuare i fornitori Black list, in attesa della White list da emanare, è necessario fare riferimentoall’elenco di Stati inclusi nel DM 23 gennaio 2002. Lo scopo della norma è il seguente: evitare agli imprenditori italiani che intrattengono rapporti con soggetti localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata di corrispondere prezzi di acquisto maggiori rispetto a quelli di mercato, concordando con il fornitore la retrocessione dell’eccedenza, magari sotto forma di operazioni estero su estero.
I fornitori Black list sono gli imprenditori, ma possono essere anche i professionisti.
I costi resi indeducibili dalla norma non sono esclusivamente quelli di acquisto di beni e servizima tutti i componenti negativi che originano anche indirettamente, da operazioni con soggetti residenti nei paradisi fiscali.
L’attuale comma 10 dell’art. 110 contiene una presunzione legale di fittizietà delle operazioni commerciali realizzate con soggetti aventi sede in un paradiso fiscale. Pertanto le operazioni vengono considerate simulate fatta salva la possibilità per l’impresa residente di darne prova contraria. La presunzione è relativa e perciò è superabile mediante la dimostrazione di una delle seguenti esimenti, alternative tra loro:
Il fornitore estero ha un’attività economica effettiva:La prova dell’attività commerciale richiede la disponibilità di documenti e informazioni, non sempre facili da reperire.
Le operazioni estere corrispondono ad un effettivo interesse economico e hanno avuto concreta esecuzione.
Il secondo requisito richiede la dimostrazione delle ragioni economiche che giustifichino la scelta del fornitore estero. Pertanto andrà motivata la peculiarità dell’operazione stessa in termini di convenienza rispetto ad operazioni alternative.
Oltre alla dimostrazione delle ragioni economiche dell’operazione, viene richiesto anche il requisito della concreta esecuzione.
Novità previste dallo schema di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale
Lo schema di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale introduce interessantissime novità sulla deducibilità dei costi da fornitori Black list, che si applicheranno da Unico 2016.
I suddetti costi saranno sempre deducibili se di importo contenuto entro il valore normale, sempre che l’operazione sia effettiva e non fittizia.
Non viene posto alcun limite alla deducibilità dei costi, ogni qual volta lo stesso non ecceda il valore normale del bene o servizio acquistato.
Diviene, pertanto, rilevante per le imprese italiane un’analisi di “benchmark” atta a dimostrare la congruità delle spese.
Solo se verrà superato il livello di mercato, la deduzione resterà condizionata alla dimostrazione del particolare interesse ad avvalersi del fornitore paradisiaco (seconda esimente).
Verrà meno, in seguito all’introduzione della norma, la possibilità di fornire la prima esimente sulla “bontà” del fornitore, che del resto era e resta l’esimente più difficile da dimostrare.
Non è chiaro dal tenore letterale della norma se, nell’ipotesi di costi superiori al valore normale, la seconda esimente servirà a garantire all’impresa la deducibilità dell’intero costo o solo ed esclusivamente dell’extracosto, anche se a rigor di logica dovrebbe essere valida la seconda tesi.
La data di approvazione e la conseguente entrata in vigore del provvedimento rivestono un’importanza notevole. Infatti se il decreto fosse definitivamente approvato nel 2015, come anzidetto, gli effetti benefici della norma risulterebbero già efficaci dal 1 gennaio 2015.
Il nuovo elenco Black list
Il DM Economia del 27 Aprile 2015 pubblicato in G.U. l’11 Maggio 2015 ha modificato l’elenco dei Paesi aventi regime fiscale privilegiato ai sensi dell’art 110 comma 10 e 12- bis del T.U.I.R.
In realtà già in data 30 Marzo 2015 era stato predisposto dal MEF il decreto di riforma della black list, tuttavia di questo decreto si sono perse le tracce.
La legge di stabilità (art 1 comma 678) ha previsto che l’unico criterio rilevante ai fini della Black listsull’indeducibilità dei costi relativi a transazioni effettuate con soggetti residenti in paradisi fiscalisia la mancanza di un adeguato scambio di informazioni con l’Italia. E’ stato pertanto eliminato il livello adeguato di tassazione dello Stato o territorio estero.
Il decreto attua pertanto le disposizioni contenute nella legge di stabilità e ridisegna la geografia dei paesi Black list.
In realtà a differenza del decreto che non ha mai visto la luce, la nuova disposizione attua in modo ibrido i principi contenuti nella legge di stabilità, secondo cui l’individuazione degli Stati (black list) è effettuata avendo riguardo al solo criterio dell’assenza di un adeguato scambio di informazioni. Dalla suddetta lista pertanto avrebbero dovuto essere esclusi i Paesi con i quali è in vigore un accordo bilaterale (Convenzione contro le doppie imposizioni), oppure Tiea, (Tax information Exchange Agreement) o multilaterale (Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale Ocse/Consiglio d’Europa) che consenta lo scambio di informazioni in materia fiscale. In concreto non è stata individuata una unica lista di Stati o territori privi di strumenti per lo scambio di informazioni ai fini fiscali con l’Italia, ma permane la suddivisione presente nella black list del DM 23 gennaio 2002 (normativa previgente), relativa ai paradisi fiscali “puri”, “con eccezioni” e a quelli limitati “a determinate tipologie societarie”.
Fuoriescono dalla lista nera dei paradisi fiscali “puri” Malaysia e Filippine, mentre resta incluso Hong Kong.
Emirati Arabi e Singapore vengono espunti dalla lista nera, cosiddetta “con eccezioni”. Nella versione previgente, l’esclusione per gli Emirati Arabi valeva solo per le società petrolifere e petrolchimiche assoggettate ad imposta, per Singapore, solo per la Banca centrale e gli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali del Paese asiatico.
Cadono anche Costarica e le isole Mauritius (black list relativa “a determinate tipologie societarie”).
Menzione a parte merita la Svizzera. Con il decreto firmato il 30 marzo 2015 (mai pubblicato), la Svizzera appariva molto penalizzata, in quanto oltre a rimanere nella lista, non essendo stato ultimato il processo di scambio di informazioni, rientrava anche per le società che scontano una tassazione ordinaria (il D.M. 23 gennaio 2002 considerava la Svizzera Paradiso Fiscale, limitatamente alle società non soggette alle imposte cantonali o municipali). Ora, invece, scompare dalla lista dell’articolo 1 del nuovo decreto ma rimane, limitatamente ai rapporti con le società “agevolate”.
Per individuare gli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in paesi cosiddetti black list, si rinvia al testo del DM del 23 gennaio 2002 e alle successive modifiche apportate dal DM del 27 aprile 2015
Si attendono indicazioni ufficiali relative alla eventuale possibile applicazione retroattiva del suddetto decreto. Tale ipotesi consentirebbe agli operatori di predisporre il modello UNICO 2015 con le nuove regole.
Alberto Perani