Il trasferimento della sede sociale all’estero e le operazioni di trasformazione internazionale sono al centro di uno studio pubblicato ieri sul sito del Notariato. Il documento affronta i profili giuridici del trasferimento, esaminando innanzitutto le norme di diritto internazionale privato che regolano il conflitto tra i diversi ordinamenti coinvolti e, successivamente, quelle di diritto sostanziale che presiedono alle operazioni in esame.
Il trasferimento della sede sociale all’estero involge una pluralità di profili che rendono l’esame di tale tematica estremamente complesso. Ne consegue che il trasferimento della sede all’estero si sostanzia in un fenomeno che non attiene solo alla modifica della sede statutaria, ma coinvolge anche l’assetto delle regole organizzative della società, considerato che, di regola, al momento della costituzione della società la localizzazione della sede statutaria ha la funzione di individuare l’ordinamento di riferimento e, conseguentemente, la legge regolatrice della società.
Laddove, quindi, una società intenda trasferire la propria sede in uno Stato diverso da quello in cui essa è stata costituita, non pare possibile prescindere dalla verifica tanto della legislazione del Paese d’origine sul punto, quanto di quella del Paese di destinazione. Tale verifica, in particolare, deve avere ad oggetto in prima battuta le norme di diritto internazionale privato che regolano il conflitto tra i diversi ordinamenti coinvolti e, in seconda battuta, quelle di diritto sostanziale che presiedono al funzionamento degli enti societari.
Esiste, poi, un ulteriore elemento di criticità rappresentato dalla pressoché totale mancanza, nell’ambito delle diverse legislazioni nazionali, di regole che siano dedicate, in maniera specifica, alle operazioni di trasferimento della sede sociale all’estero. Circostanza, quest’ultima, che probabilmente deriva dal fatto che si tratta di un’operazione che coinvolge almeno due diversi ordinamenti (quello dello Stato di partenza e quello dello Stato di arrivo) e che, quindi, un’organica disciplina della fattispecie in esame potrebbe aversi soltanto attraverso un intervento normativo di tipo sovranazionale.
Nel contesto descritto, lo studio n. 283-2015/I approvato il 13 gennaio 2016 e pubblicato ieri sul sito del Notariato fornisce delle valide linee guida nell’approccio ai profili giuridici del trasferimento della sede. Si approfondisce, a tal fine, l’interpretazione data all’art. 25 della L. 218/1995, che utilizza, quale criterio di collegamento, quello del luogo di costituzione dell’ente, con il correttivo contenuto nel terzo comma della norma che prevede l’applicazione della legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale della società.
Viene poi prestata una particolare attenzione all’ipotesi in cui il trasferimento della sede sociale avvenga all’interno dell’Unione Europea, per la quale vige il principio della libertà di stabilimento contenuto negli artt. 49 e 54 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea che ha formato oggetto di un’evoluzione nell’interpretazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.
Il documento, inoltre, contiene un approfondimento specifico sui profili operativi del trasferimento della sede sociale da e per l’Italia concernenti le regole formali e sostanziali che debbono presiedere la redazione dell’atto di trasferimento, il contenuto del controllo di legalità da parte del notaio e gli adempimenti pubblicitari.
A cura della Redazione Ipsoa – 24 febbraio 2016