La traslazione dell’obbligo d’imposta in capo al cessionario o committente, soggetto passivo italiano, prevista dall’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 per tutte le operazioni territorialmente rilevanti in Italia poste in essere da soggetti non residenti implica che l’imposta non possa essere assolta dalla posizione IVA italiana del cedente o prestatore estero (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 20 febbraio 2015, n. 21). Di conseguenza, laddove il reverse charge non trova applicazione, l’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 prevede che sia l’operatore non residente ad adempiere agli obblighi d’imposta direttamente, se è identificato ai sensi dell’art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972, ovvero tramite un rappresentante fiscale, residente nel territorio dello Stato, nominato nelle forme previste dall’art. 1, comma 4, del D.P.R. n. 441/1997.
Le ipotesi in cui ricorre l’obbligo di identificazione ai fini IVA da parte del cedente o prestatore non residente si riferiscono, essenzialmente, alle operazioni, territorialmente rilevanti in Italia, effettuate nei confronti di cessionari o committenti italiani non soggetti passivi d’imposta, ovvero di cessionari o committenti non residenti, anche se soggetti passivi (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 25 agosto 2010, n. 89).
L’eccezione è rappresentata dalle operazioni, riconducibili a determinati settori, per le quali la normativa italiana identifica il debitore d’imposta nel “cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato” (artt. 17, comma 5, e 74, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972). Per tali operazioni, infatti, il debitore dell’imposta è da individuarsi in ogni caso nel cessionario, ove soggetto passivo ai fini IVA, anche se privo di sede o di stabile organizzazione in Italia, ed indipendentemente dal fatto che il cedente abbia la sede o la stabile organizzazione in Italia o che sia ivi identificato. In questa situazione, il cessionario, per assolvere l’imposta, deve identificarsi nel territorio dello Stato direttamente oppure nominando un rappresentante fiscale (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 28 marzo 2012, n. 28).
In base al citato art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, l’obbligo di reverse charge si concretizza con l’applicazione, in via alternativa, della procedura di integrazione, quando il cedente o prestatore non residente è stabilito in altro Paese membro dell’Unione europea, e della procedura di autofatturazione, quando il cedente o prestatore non residente è stabilito in un Paese non appartenente all’Unione europea.
Come indicato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 3 maggio 2013, n. 12 (Cap. IV, § 2), quando il fornitore è stabilito in altro Paese UE, il cliente nazionale deve:
Se, invece, il fornitore è stabilito al di fuori dell’Unione europea, ai fini dell’applicazione della procedura di autofatturazione occorre distinguere a seconda che l’operazione abbia per oggetto una cessione di beni o una prestazione di servizi non “generica”, oppure una prestazione di servizi “generica”.
In particolare, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non “generici”, l’autofattura deve essere emessa nel momento di effettuazione dell’operazione ed annotata:
Per le prestazioni di servizi “generici”, invece, l’autofattura deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione ed annotata:
di Marco Peirolo – 29 febbraio 2016
Fonte Euroconference