Nell’ambito delle indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione AdE 4/E/2017, assumono rilevanza le precisazioni riguardanti il trattamento impositivo delle operazioni poste in essere da un soggetto non residente, con rappresentante fiscale in Italia, mediante un deposito fiscale che, a seconda dei casi, è utilizzato anche ai fini IVA.
Le prime due fattispecie esaminate si riferiscono alla duplice ipotesi in cui i beni di provenienza intracomunitaria, acquistati dal soggetto non residente o già di proprietà di quest’ultimo, sono introdotti nel deposito fiscale, inizialmente non utilizzato ai fini IVA.
In considerazione della non contestualità dell’acquisto intracomunitario, in senso stretto o per assimilazione, rispetto all’introduzione dei beni all’interno del deposito fiscale utilizzato ai fini IVA, l’Agenzia ha escluso l’applicazione dell’agevolazione prevista dall’articolo 50-bis, comma 4, lettera a), del D.L. 331/1993. Ciò significa che il rappresentante fiscale italiano del soggetto estero realizza un acquisto intracomunitario, imponibile IVA ai sensi dell’articolo 38, comma 1, del D.L. 331/1993 (se i beni di provenienza intracomunitaria sono oggetto di acquisto) oppure ai sensi dell’articolo 38, comma 3, lettera b), dello stesso D.L. 331/1993 (se i beni di provenienza intracomunitaria sono già di proprietà del soggetto non residente, dando quindi luogo ad un trasferimento a destinazione del territorio dello Stato per le esigenze dell’impresa, che si considera assimilato ad un acquisto intracomunitario).
L’Agenzia ha, inoltre, chiarito l’ipotesi in cui i beni, questa volta di origine extracomunitaria, siano introdotti in un deposito fiscale utilizzato anche ai fini IVA.
Previa prestazione di idonea garanzia, commisurata all’importo dell’imposta che si renderebbe dovuta in sede di immissione in libera pratica, l’operazione non dà luogo al pagamento dell’IVA all’importazione, in applicazione dell’articolo 50-bis, comma 4, lettera b), del D.L. 331/1993.
Nel caso, invece, in cui il soggetto non residente, per il tramite del numero di partita IVA di altro Stato membro, acquisti beni ceduti da un operatore italiano con contestuale introduzione all’interno di un deposito utilizzato anche ai fini IVA in Italia, viene confermato – in linea con quanto specificato dalla risoluzione AdE 66/E/2001 e dalla più recente circolare AdE 12/E/2015 (§ 5.1.3) – che l’operazione non dà luogo all’addebito dell’imposta ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lettera c), del D.L. 331/1993. Al riguardo, occorre osservare che, per effetto delle modifiche che entreranno in vigore il 1° aprile 2017, operate dal D.L. 193/2016, l’operazione in questione sarà agevolata anche se il cedente nazionale emette fattura nei confronti del rappresentante fiscale italiano del soggetto non residente. In base al nuovo testo dell’articolo 50-bis, comma 4, lettera c), del D.L. 331/1993, infatti, la detassazione risulta generalizzata, applicandosi a tutte le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito IVA.
Per quanto riguarda le successive operazioni di rivendita dei beni estratti dal deposito IVA, l’Agenzia delle Entrate distingue a seconda della loro destinazione.
Anche a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 193/2016, se i beni estratti sono spediti/trasportati in altro Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato non appartenente all’Unione europea, l’estrazione non comporta l’obbligo di assolvimento dell’imposta, come previsto dall’articolo 50-bis, comma 4, lettera f) e g), del D.L. n. 331/1993.
Nello specifico:
Infine, nell’ipotesi di estrazione dei beni dal deposito IVA in esecuzione di una cessione nel territorio nazionale, l’Agenzia ha messo in luce le differenti modalità di assolvimento dell’imposta previste dall’articolo 50-bis, comma 6, del D.L. 331/1993 nella formulazione attuale e in quella risultante dalle modifiche operate, con effetto dal 1° aprile 2017, dal D.L. 193/2016. In pratica, da tale data, l’imposta non sarà più assolta con il meccanismo del reverse charge, ma mediante versamento diretto, senza possibilità di compensazione, ad opera del gestore del deposito in nome e per conto del soggetto che estrae.
A questa regola, stando alla risoluzione AdE 4/E/2017, fa eccezione l’ipotesi in cui i beni oggetto di estrazione siano di provenienza extracomunitaria, nel qual caso l’imposta resta ancora dovuta con il sistema del reverse charge, ma previa prestazione di idonea garanzia, secondo le disposizioni che dovranno essere emanate con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
In realtà, l’ulteriore eccezione, riconosciuta sempre dal sesto comma dell’articolo 50-bis del D.L. 331/1993, si riferisce all’ipotesi dei beni di provenienza intracomunitaria, introdotti nel deposito IVA in forza di un acquisto intracomunitario, rispetto ai quali si prevede che “il soggetto che procede all’estrazione assolve l’imposta provvedendo alla integrazione della relativa fattura, con la indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta, ed alla annotazione della variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 entro quindici giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data; la variazione deve, altresì, essere annotata nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto entro il mese successivo a quello dell’estrazione”.
Fonte: Euroconference
di Marco Peirolo – 26 gennaio 2017